CERCHI CONCENTRICI DI UN SASSOLINO
Durante il consiglio comunale di giovedì 29.9.16 ho  assistito ad un interessante argomento riguardante le criticità idrogeologiche  del nostro territorio, curato dall’ingegnere Daniele Giuffè responsabile  tecnico della Valle del Lambro che ha dato un quadro completo ed esauriente  della  difficile situazione che il nostro  comune subisce, ponendo, come prima causa di questo rischio idraulico,  l’urbanizzazione. Ci ha ricordato che la Brianza è la zona più urbanizzata dopo  Napoli (alcuni sostengono che ci sia stato addirittura un sorpasso), i terreni  che allora assorbivano sono stati cementificati, sono comparse abitazioni in  zone che non dovevano essere abitate. Nota interessante, il riferimento al passato:  nelle zone a valle, dove esistevano mulini, erano ben organizzati, mettevano al  sicuro ai piani alti i loro beni nel momento in cui sentivano la minaccia di  una esondazione. Una forma di protezione civile di allora, quando sicuramente  non mancava la solidarietà della popolazione vicina.
      
      Ha elencato poi le varie opere lungo il bacino del Lambro,  quelli completati e in fase di ultimazione: Diga di Pusiano, paratie, canale  Diotti, interventi sul Bevera ecc…
      In particolar modo ha posto la questione dei piccoli  torrenti, reticoli minori, che nel caso delle piene trascinano una quantità  d’acqua diventando incontrollabili, alcuni esclusi dal territorio del parco  dove il monitoraggio dovrebbe essere a carico dei comuni e che se non vengono  fatte le regolari manutenzioni aumenta di gran lunga il rischio non solo di  carattere idraulico ma, se abbandonate, causano danni al patrimonio boschivo,  provocando frane in zone abbandonate con difficoltà di gestione.
      I reticoli minori che a monte nascono percorrono paesi per  poi creare seri danni ai paesi lungo le sponde del Lambro, nel nostro caso  parliamo del torrente Brovada, a monte di Besana fino a Casatenovo.
      Interessante il fatto che attraverso le  slide si individuavano i punti critici a nord  di Tregasio. Difficile pensare oggi che un comune a monte che magari per cause  di impermeabilizzazione del suolo per effetto della cementificazione nel caso  di forti piogge, crea danni, si impegni a spendere soldi per salvaguardare quei  paesi rivieraschi. L’impegno da parte del Parco è stato quello di convincere la  Regione a finanziare un intervento per la salvaguardia del territorio e dei  cittadini, si parla di un progetto di laminazione della Brovada gestita dal  Parco. Senza dimenticare la manutenzione: con la vecchia amministrazione sono  stati fatti interventi che però oggi non sono ormai più sufficienti per far  fronte ad allagamenti, segnale che l’intensità delle piene in futuro è  destinato ad aumentare. Notizia recente: allagamenti di case private a  Borgonovo.
      Erano presenti in Consiglio i rappresentanti della  Protezione Civile e gli Amici della Natura ai quali è stato concesso un piccolo  spazio, dove hanno espresso il continuo impegno faticoso nel tener pulito i  vari torrenti lungo il Parco. Approfittandone, ho chiesto se, visto i danni  così da lui descritti dovuti alla riduzione di suolo, non sia arrivato il  momento di inserire nel Parco una parte di territorio considerata, dopo una sua  analisi, come “critica” e che per questo va protetta. Gran parte del territorio  di Tregasio è rimasto stranamente escluso dai confini, incredibile se pensiamo  al valore paesaggistico, alle aree boschive e agricole, ai vecchi cortili  vicini ad uno stupendo monumento nazionale quale la Rotonda, bellezza unica del  nostro territorio: purtroppo tutto ciò che le è attorno è a rischio. 
      
      Ma, restando sul tema della serata, la cosa fondamentale è proteggere la parte  nord della frazione, dove non molto tempo fa esistevano foppe che fungevano da  regolatori delle acque, aree che dovrebbero restare del tutto non edificabili perché  queste forme di vasche naturali, insieme all’assorbimento dei terreni, moderavano  e rallentavano la discesa a valle dei picchi di piena. Ricordiamo che  fortunatamente il Lambro dispone ancora di aree entro le quali il fiume può espandersi,  e molte di queste sono tutelate dalla presenza del Parco valle Lambro. La zona  collinare di Tregasio in questione confina a est con il torrente Pegorino e ad  ovest con la brovada e a sud c’è l’abitato di via Laghetto, lascio le  considerazioni al lettore.
    

      Purtroppo non ho avuto una risposta da un ente sensibile al  territorio. La risposta è stata che riguardo alla cementificazione non è loro  competenza. E’ materia che riguarda i comuni attraverso altri stumenti, quali  il PGT….ecc.
      Ma io mi chiedo: un parco regionale non ha proprio voce in capitolo? Cosa  impone in fatto di vincoli? E’ forse un ente solo per investimenti di  opere in funzione di danni di altri?
      Dopo che l’ingegnere ha affermato che ampliare il Parco è  impossibile, richiede troppo tempo, ho fatto presente che un comune limitrofo (Albiate)  l’ha realizzato (avrei anche potuto menzionare Bosisio, Eupilio e Nibionno).
      Grandi docenti universitari di Milano, esperti di pianificazione urbanistica, ecologia,  agronomi, desiderosi di un grande parco regionale che parta dalle Groane arrivando  al parco Valle Lambro, dove  c’è rimasto  poco da difendere, parlano addirittura di  corridoio ecologico, tesi tra l’altro condivisa anche dal presidente della Valle  del Lambro Eleonora Frigerio: “un grande parco a tutela del territorio, un  grande progetto che mi piacerebbe realizzare, dove possono confluire molti altri  territori”. Pensare in grande dove si e’ arrivati in ritardo, con danni  ormai irreversibili. Mi chiedo: è così difficile  invece fare prevenzione? 
      Secondo l’ingegnere,  richiede troppo tempo includere aree  all’interno del parco, almeno 4 anni. Io penso che un parco dovrebbe avere una  visione lungimirante: se e’ cosa buona, si inizia a pensarla (nessuno e’ cosi  tanto ingenuo di non capire che la difesa del verde va a scontrarsi con  1000  “difficoltà”). Ma abbiamo un debito  con le generazioni future, quello che vien fatto in modo virtuoso è in vista di  chi viene dopo di noi. Se questo debito, come dice l’ingegnere, è dovuto alla  cementificazione, noi siamo debitori verso chi viene dopo di noi, già gli  lasceremo i costi di tutte le opere idrauliche e non solo, oggi necessarie  all’attuale situazione ambientale manomessa dall’uomo.
      Ho un desiderio, e forse sono stato esaudito. Ho avuto la  fortuna di esprimere ciò che l’uomo può avere di più prezioso, il creato, manifestandolo  nel luogo più rappresentativo del mio paese. E gettando così un sassolino  in uno specchio d’acqua che producendo cerchi  concentrici sempre più ampi possa, con le sue piccole onde, comunicare,  partendo da quel luogo, una cultura che tocchi sempre più persone possibili di  buona volontà. 
      
    



Alcuni immagini di acquitrini che nascono e poi scompaiono e riappaiono.
Angelo Terruzzi
      5.10.2016
      Triuggio
      
    
